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Gli italiani e il risparmio: malgrado tutto, un’invincibile abitudine 

Il 76,7% degli italiani risparmia: è un’abitudine che coinvolge tutti i gruppi sociali.
In particolare, risparmia il 77,3% dei residenti al Nord-Ovest, il 77,3% al Nord-Est, il 77,2% al Centro e il 75,7% al Sud e Isole.

Ovviamente, varia l’intensità della creazione di risparmio. Se il 39,3% degli italiani risparmia al massimo il 5% del proprio reddito annuo, il 33,2% risparmia tra il 6% e il 15%, il 17,2% tra il 15% e il 20%, il 10,3% oltre il 20%. 
Emerge da ‘Perché gli italiani investono come investono?’, il rapporto realizzato dal Censis in collaborazione con Assogestioni, l’Associazione italiana del risparmio gestito, presentato al Salone del Risparmio di Milano. 

Preoccupazione per gli eventi globali

Ma cosa provano gli italiani pensando al proprio risparmio? Il 38,0% cautela, il 31,6% preoccupazione, il 22,8% senso di sicurezza e il 18,0% ansia..
A essere più preoccupati sono i risparmiatori con bassi redditi (40,7%) rispetto a quelli ad alto reddito (18,9%). È invece condivisa trasversalmente la paura di subire in questa fase perdite in caso di investimento, che coinvolge il 76,7% dei risparmiatori.

C’è anche molta preoccupazione per gli eventi globali, soprattutto per le guerre in corso dall’Ucraina al Medio Oriente (47,6%) e il cambiamento climatico (37,5%).
Le paure globali condizionano anche le decisioni sui soldi. Al 44,2% dei risparmiatori è capitato di modificare decisioni sull’utilizzo dei propri soldi a causa di notizie su eventi globali come le guerre (7,0% spesso, 37,2% qualche volta).

Meglio investire su strumenti finanziari italiani

Gli eventi globali rinforzano anche l’incertezza dei risparmiatori: il 45,7% pensando al futuro prossimo dei risparmi si dichiara incerto, il 34,3% pessimista, il 20,0% ottimista.
Il 69,6% dei risparmiatori di fronte a crisi globali e densa incertezza pensa sia meglio investire su strumenti finanziari italiani.

Ne sono più convinti l’81,9% con la licenza media, il 73,8% dei diplomati e il 60,5% dei laureati. Il 48,6% dei risparmiatori per investire in Italia accetterebbe rendimenti minori, forse perché l’opzione Italia è una risposta psicologica rassicurante di fronte alle nuove paure globali.

La liquidità smette di essere garanzia di sicurezza

Paure globali, rialzo dei tassi e livello del debito pubblico da finanziare potenziano poi l’attrattività dei titoli pubblici. Tra i risparmiatori pronti a investire in strumenti finanziari, il 41,3% vorrebbe farlo in Titoli di Stato, il 37,7% in Fondi comuni di investimento, il 28,3% in Buoni postali di risparmio, il 26,8% in obbligazioni, il 23,9% in polizze assicurative.

Il 45,8% dei risparmiatori in questa fase opterebbe per strumenti finanziari, il 32,4% terrebbe le risorse liquide, il 21,8% investirebbe in immobili. Nel febbraio 2020, in epoca pre-Covid, gli italiani pronti a tenere le risorse liquide erano il 45,0% (-12,6 punti percentuali tra il 2020 e il 2024). Evidente la minore attrattività del contante: il 78,5% dei risparmiatori ritiene che non sia garanzia di sicurezza come in passato.

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Gli UHNWI, gli ultraricchi del mondo, aumentano del 4,2% nel 2023

Lo conferma il Wealth Report 2024, l’analisi dell’agenzia immobiliare Knight Frank: l’anno passato gli UHNWI, ultra-high net worth individuals (individui con patrimonio netto elevato), a livello globale sono passati da 601.300 a 626.619, crescendo del 4,24%. 

In termini di performance, la Turchia guida la classifica di Knight Frank, con un incremento del 9,7%, seguita da Stati Uniti (+7,9%), India (+6,1%), Corea del Sud (+5,6%) e Svizzera (+5,2%).
Per quanto riguarda le macroaree geografiche, il Nord America è in testa, con un +7,2% di UHNWI, al secondo posto il Medio Oriente (+6.2%), e al terzo l’Africa (+3,8%). L’America Latina è l’unica regione dove la popolazione di individui facoltosi è diminuita (-3,6%).

Cosa sostiene la crescita della ricchezza?

Nel 2023 la ricchezza è stata sostenuta dalla crescita economica globale e dal miglioramento delle sorti dei principali settori di investimento. Hanno condizionato la ripresa un calo dell’inflazione, un’impennata delle azioni grazie all’AI e performance eccezionali dei titoli tecnologici statunitensi.
Anche il valore degli immobili residenziali ha sorpreso in positivo, con una crescita del capitale del 3,1% nei principali mercati mondiali.

Per gli investitori, i rendimenti del settore casa sono stati sostenuti dall’aumento degli affitti di lusso, in media tre volte superiore alla loro tendenza di lungo periodo.
Altri asset che hanno registrato rendimenti positivi nel 2023, oro, salito del 15% e Bitcoin (+155%), che ha annullato le perdite subite nel 2022.

I paperoni si concentrano in Asia

Secondo il Wealth Report, gli individui ‘alto spendenti’ a livello globale dovrebbero aumentare del 28,1% fino al 2028. Anche se si tratta di cifre in positivo, il tasso di espansione è più lento rispetto all’incremento del 44% registrato nel quinquennio 2019-2023.

Il report evidenzia la ‘sovra performance’ dell’Asia, con crescita elevata in India (+50%), Cina continentale (+47%), Malesia (+35%), Indonesia (+34%).
“Al di fuori dell’Asia, l’aumento si concentra in Medio Oriente, Australasia e Nord America, mentre l’Europa è in ritardo e l’Africa e l’America Latina saranno probabilmente le regioni più deboli”, commenta Liam Bailey, responsabile del dipartimento di ricerca Knight Frank.

Quanto denaro occorre per far parte del club?

Il Wealth Report di Knight Frank stila ‘l’1%’: quanto denaro occorre per far parte della cerchia degli individui più ricchi del pianeta.
Per quanto possa sembrare esclusivo, è più facile far parte di questo gruppo ristretto piuttosto che ottenere lo status di ‘ultra high net worth individual’.

Nei mercati globali, infatti, la soglia dell’1% parte da un livello inferiore rispetto ai 30 milioni di dollari necessari per diventare un UHNWI.
Le località europee sono in cima alla lista dell’1%, guidate dal Principato di Monaco, dove 12,9 milioni di dollari costituiscono la soglia per entrare nel club. Seguono Lussemburgo (10,8 milioni) e Svizzera (8,5 milioni).
Gli Stati Uniti si piazzano al quarto posto (5,8 milioni), mentre nell’Asia-Pacifico, Singapore è in testa, con un requisito di 5,2 milioni di dollari.

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Otto italiani su dieci hanno bisogno di buone notizie

I nostri connazionali hanno bisogno di good news per stare bene, mantenere alto l’umore e trovare la carica per andare avanti. Lo rivela la ricerca demoscopica condotta da AstraRicerche, commissionata da Mulino Bianco, condotta con l’obiettivo di indagare sullo stato d’animo degli italiani.

Lo studio fa emergere che che otto persone su dieci sentono la necessità di ricevere notizie positive per migliorare il proprio umore e percepire il lato positivo della vita quotidiana. 

I media sono percepiti come portatori di notizie negative

Questa esigenza nasce in risposta alla percezione diffusa che i media veicolino principalmente notizie negative: addirittura sette individui su dieci condividono questa opinione. Questo sentiment genera un impatto negativo sullo stato d’animo, spingendo quasi il 40% degli intervistati verso pessimismo e preoccupazione.

La ricerca, intitolata ‘Un mondo più buono’, mira a modificare il punto di vista quotidiano degli italiani, ricordando loro che esistono aspetti positivi nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nei piccoli gesti quotidiani. 

La cronaca nera fa male all’umore

Tra le notizie che influenzano maggiormente l’umore degli italiani, spiccano quelle di cronaca nera (43%), mentre le storie di altruismo, generosità e bontà rappresentano solo il 19,2% delle notizie. Le news riguardanti l’attualità internazionale (14,6%) e nazionale (12,3%) hanno un impatto minore. Nonostante il contesto percepito come difficile, la maggioranza degli intervistati mantiene sentimenti positivi, come la curiosità (58,1%), l’interesse (52,9%), l’entusiasmo e l’eccitazione (37,7%).

Migliore situazione economica e fine delle guerre le notizie più apprezzate

La ricerca evidenzia che oltre il 60% degli italiani riconosce un’immediata conseguenza positiva sull’umore quando i media diffondono notizie positive. Riguardo alle aspettative per il 2024, le buone notizie più desiderate includono una maggiore disponibilità economica (22,4%) e un miglior stato di salute personale e/o dei propri cari (17,9%). A livello globale, più del 40% degli italiani cita il desiderio di vedere la fine delle guerre.

Ci si informa soprattutto la mattina

Il momento preferito per informarsi risulta essere la mattina, scelto da oltre il 40% degli intervistati. Per quanto riguarda le fonti di notizie positive, i canali digitali primeggiano, con Internet (siti web, siti di giornali, portali) che rappresenta la principale fonte per il 50% degli italiani, seguito dai social network (41,4%). La televisione, seppur con percentuali più basse, rimane comunque un canale significativo (31,9%).

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Casa: a Firenze, Milano, Roma affitti più cari. Italia ultima in Europa  

Secondo i dati della banca online N26, l’Italia si classifica all’ultimo posto del ranking europeo relativo al caro-affitti. Più della metà dello stipendio degli italiani è infatti destinato a questa spesa. Da questo punto di vista, Firenze, Milano e Roma son le città più care.

Lo studio ha l’obiettivo di individuare i Paesi europei che offrono una migliore qualità della vita. Tra i vari costi analizzati per definire il ranking dei paesi più vivibili in Europa rivestono particolare importanza quelli relativi all’affitto, soprattutto se analizzati in relazione all’ammontare medio degli stipendi .
“Veniamo da due anni e mezzo nei quali le famiglie italiane si sono sensibilmente impoverite, hanno dovuto attingere ai propri risparmi o fare ricorso al credito per pianificare acquisti particolarmente onerosi o imprevisti -commenta Lucio Poma, Capo Economista di Nomisma -. Una ferita profonda, che avrà bisogno di tempo e stabilità per rimarginarsi”.

Oltre il 52% del salario è destinato all’affitto

La situazione caro-affitti nel nostro paese ha un impatto non indifferente sugli stipendi mensili degli italiani, che risultano tra i più bassi in Europa. Oltre il 52% del salario infatti è destinato all’affitto, percentuale più elevata tra i Paesi europei considerati, tenendo conto della media nazionale del costo degli affitti per un bilocale, che si attesta attorno ai 1.400 euro.
L’analisi più dettagliata delle città italiane vede Firenze come la più costosa, con una media mensile di costi per affitto pari a 1.806 euro e picchi di 2.200 euro per il centro storico.

Segue Milano, con una media di 1.674 euro mensili, ma torna in vetta se si considerano i costi per bilocali in centro storico, con circa 2.838 euro mensili. A Roma, invece, terza in classifica, il costo medio degli affitti per un bilocale è di circa 1.200 euro.

Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito ci precedono in classifica

Se l’Italia è il fanalino di coda di questa classifica di N26, a precederla tra i Paesi europei troviamo la Spagna, con un prezzo medio di affitto mensile pari a 1.377 euro, i Paesi Bassi, con 1.620 euro circa, e il Regno Unito, con 1.460 euro al mese.

In questi Paesi le percentuali di stipendio da destinare all’affitto sono più basse, rispettivamente di 45% per la Spagna e 37% per i Paesi Bassi e il Regno Unito.

In Belgio affittare un bilocale costa circa 800 euro al mese

Al primo posto della classifica troviamo invece il Belgio, dove l’affitto di un bilocale costa circa 800 euro mensili. Qui gli abitanti destinano solo il 18% del proprio stipendio a questa spesa.

A occupare il secondo e il terzo posto ci sono Svizzera e Danimarca, dove per un bilocale che costa rispettivamente 1.733 euro e 1.159 euro si destina in media il 21% del proprio stipendio mensile.

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Lavoro: la digitalizzazione crea nuovi posti di lavoro e aiuta a trattenere i talenti

Trovare le professionalità richieste oggi è una sfida rilevante per oltre la metà delle aziende industriali (52%). Qual è, allora, la soluzione?
Secondo una ricerca globale commissionata da Schneider Electric e realizzata da Omdia su un campione di 407 aziende industriali di piccole, medie e grandi dimensioni, la digitalizzazione (70%), oltre a creare posti di lavoro, aiuterà anche ad affrontare la carenza di personale qualificato.

Quasi la metà delle aziende industriali intervistate (45%) ritiene che nei prossimi tre anni la digitalizzazione sarà lo stimolo principale per la creazione di nuovi profili professionali nell’ambito delle tecnologie operative (OT, che al contempo evidenzia la portata globale della ‘crisi dei talenti’ in ambito industriale.

La sostenibilità entra nelle professionalità di chi opera negli impianti

Mentre impazza la crisi dei talenti, gli ambienti di lavoro industriali stanno cambiando rapidamente. Obiettivi di sostenibilità e tecnologie evolute, come l’Intelligenza artificiale e i digital twin, stanno diventando fattori sempre più rilevanti per la forza lavoro.

Inoltre, dalla ricerca emerge che la crescente esigenza di raggiungere obiettivi di sostenibilità sociale e sostenibilità ambientale renderà necessario ampliare le competenze delle figure professionali a oggi all’opera negli impianti. Questo, è vero rispettivamente per il 45% e 47% del campione.

I profili più impattati? Quelli legati al controllo di qualità

Secondo i dati dello studio, oltre la metà degli intervistati (52%) considera l’acquisizione di talenti e la capacità di trattenerli in azienda un problema che si può superare. Inoltre, tre su cinque (60%) ritengono che i ruoli OT cambieranno nei prossimi tre anni, moderatamente per il 41% del campione, oppure significativamente per il 19%.

Sempre nei prossimi tre anni, la grande maggioranza (73%) ritiene poi che la digitalizzazione cambierà in modo sostanziale la natura del lavoro. E il 31% ritiene che i profili professionali maggiormente rafforzati o ampliati a causa della digitalizzazione saranno quelli legati al controllo di qualità.

Programmazione e integrazione robotica le competenze del prossimo futuro

Nel prossimo triennio saranno necessarie nuove competenze in aree come programmazione e integrazione robotica, settore in cui il 49% del campione sostiene di non avere sufficienti competenze, e in aree come l’elaborazione, visualizzazione e analisi dei dati, nelle quali il 30% non si ritiene competente.

In generale, le aziende interpellate affermano di dare priorità agli investimenti nell’area dati. Programmazione e integrazione robotica sono infatti indicate come priorità di livello medio da quasi la metà del campione.
“Ottimizzare le figure professionali di area operative e ampliarne le competenze è una vera opportunità per queste aziende – commenta Ali Haj Fraj, Senior Vice President, Digital Factory, Industrial Automation di Schneider Electric -. Riducendo il tempo che devono dedicare a compiti ‘amministrativi’ e aiutando le persone a esprimere meglio tutto il loro potenziale possiamo risolvere molti dei problemi attuali e aiutare a creare un futuro più sostenibile”. 

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Italia, nel 2023 è boom di pagamenti cashless 

L’Osservatorio Città Cashless di SumUp ha rivelato che nel 2023 i pagamenti digitali senza contanti in Italia hanno segnato una crescita significativa del 35,5%.

Questo trend positivo è accompagnato da un calo dell’8,1% nello scontrino medio cashless, attestandosi a 37 euro, segno di una crescente preferenza nell’utilizzo delle carte anche per transazioni di importo ridotto.

Bolzano, Modena e Venezia le province con più pagamenti digitali 

Tutte le province italiane, dal Nord al Sud, contribuiscono all’exploit del cashless. Le tre città che registrano le percentuali di utilizzo maggiore sono Bolzano (+58,8%), Modena (+57,5%) e Venezia (+53,2%). A seguire, ci sono Rieti (+52.3%), Rovigo (+52%), Piacenza (+50.9%) e Vercelli (+48.7%).

Dall’altra parte della classifica, la provincia Sud Sardegna presenta lo scontrino medio più basso d’Italia, registrando 29,8 euro. 

La mappa dei quartieri smart

L’Osservatorio si è spinto anche nei quartieri delle 10 città capoluogo di regione, identificando le zone più cashless del paese. Cannaregio (+163,7%) e Marghera (158,2%) a Venezia occupano le prime posizioni, seguite da Sempione/City Life (+124,4%) a Milano. Seguono nella Top 10 Porto-Saragozza a Bologna (+118%), Brancaccio a Palermo (+108,4%) e Milano con Calvairate (+103,4%). Chiudono la classifica il quartiere Gianicolense a Roma (+90,2%), Milano Bovisa / Cimitero Maggiore a Milano (+85,4%), Roma Tiburtina (+82,1%) e Venezia Mestre (+80,8%).

Per lo scontrino medio più basso, spicca il quartiere Porto-Saragozza a Bologna con 18,4 euro.

Evoluzione dei pagamenti digitali tra i professionisti 

Nel 2023, si osserva un aumento dei pagamenti digitali tra i professionisti. In particolare gli agenti immobiliari registrano un +161.2% di crescita nelle transazioni digitali e gli avvocati  un +153.2%. Il trend positivo si mantiene nei settori Horeca (caffè e ristoranti, fast food, bar e club) e Retail (tabaccherie, edicole). Per quanto riguarda il comparto del commercio, crescono soprattutto i negozi di cosmesi (+117%) e i fiorai (+108%).

Umberto Zola, responsabile di Multiproduct di SumUp, ha commentato i risultati, sottolineando come i pagamenti digitali stiano diventando una pratica comune in tutta Italia. Ha evidenziato che, oltre ai settori tradizionalmente coinvolti, anche artigiani e professionisti stanno abbracciando questa evoluzione. Zola ha menzionato prodotti specificamente progettati per i commercianti con flussi di cassa veloci o che richiedono soluzioni complete per ordini e pagamenti.

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Turismo: nel 2023 superati i livelli pre-pandemia

A tracciare un primo consuntivo sull’anno turistico 2023 è il Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti: l’anno appena passato dovrebbe chiudersi con 445,3 milioni di presenze nelle strutture ricettive (+8,1% rispetto 2022), per la prima volta, superiore anche al periodo antecedente la pandemia. Nel 2019, infatti, le presenze turistiche erano state 436,7 milioni, circa 8,6 milioni in meno.  

Il turismo recupera, finalmente, i livelli pre-Covid, e il forte incremento dei turisti stranieri traina ancora la domanda, contribuendo in modo determinante a compiere il sorpasso sul 2019. Le presenze estere segnano +13,7% sul 2022, in valori assoluti si attestano a oltre 228,5 milioni (220,6 milioni nel 2019).
Più debole il rafforzamento del mercato italiano (+2,8%), per un totale di 216,8 milioni di pernottamenti (216 milioni nel 2019).

Ricettività alberghiera ed extralberghiera

Il movimento degli ospiti nelle strutture alberghiere è stimato in crescita del +9,3%, con le presenze turistiche che si attestano a 276,2 milioni, mentre l’extralberghiero si fermerebbe al +6,1%, con 169,1 milioni di pernottamenti.  

Ma per il settore è una ripresa difficile e a più velocità: il Sud e le Isole sono le aree che chiudono l’anno con i valori di più bassa crescita (+4,4%).
Si registrano, inoltre, aumenti sotto la media nazionale anche per il Nord-Est (+7%).
Per Nord-Ovest (+11,7%) e Centro (+10,4%) le stime riportano invece una crescita di oltre il 2% rispetto la media. 

Le tipologie di vacanza più apprezzate

Tutte le aree-prodotti registrano aumenti della domanda turistica, ma tra quelle più apprezzate nel 2023 conquistano il primo posto le strutture ricettive delle città/centri d’arte (+11,4%) e della montagna (+11,1%).
Stime altrettanto positive per le strutture attive nelle aree rurali/collina (+10,3%) e del termale (+10,2%).

Buoni, inoltre, i risultati anche per le località dei laghi (+9,6%) e ‘altro interesse’ (+9%), mentre nel corso dell’anno a frenare è il settore balneare. La stima riporta infatti la crescita più bassa dei flussi turistici (+3%), a causa della flessione, in particolare, della domanda italiana. 

Previsioni per il 2024

Sulle previsioni delle imprese ricettive per il primo trimestre 2024 emerge qualche elemento di incertezza. Instabilità geopolitica, crescita economica lenta nell’area euro e inflazione condizionano ancora la ripresa per il prossimo anno. Ma per il 59,6% degli intervistati la prima parte dell’anno dovrebbe caratterizzarsi con un trend di stabilità (nel primo trimestre 2023 la crescita media della domanda raggiunse il +30%).

Per il 19,7%, invece, le aspettative sono di un incremento dei flussi e il 20,7% circa prevede un decremento.
Gli imprenditori che hanno manifestato una preoccupazione maggiore sono quelli attivi nelle località marine e nelle aree rurali e di collina. Un po’ più di ottimismo traspare da parte delle imprese localizzate nelle città e centri d’arte. 

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Advanced Persistent Threat: le previsioni per il 2024

Furti di identità basati sull’Intelligenza artificiale, aumento degli exploit creativi per dispositivi mobile e nuove botnet: nel 2024 le innovazioni tecnologiche intensificheranno gli attacchi e la cyber criminalità a sfondo politico.
Nel Security Bulletin del Kaspersky Global Research and Analyses Team (GReAT), i ricercatori prevedono che il prossimo anno gli autori di Advanced Persistent Threat (APT) introdurranno nuovi exploit su dispositivi smart, mobile e wearable per creare botnet e perfezionare i metodi di attacco alla supply chain.

Inoltre, i nuovi strumenti basati sull’AI semplificheranno la creazione di messaggi di spear phishing, consentendo anche di impersonificare determinate persone. I truffatori potrebbero ideare metodi di elaborazione creativi, raccogliendo dati online e affidandoli ai LLM per scrivere messaggi simili a quelli di una persona vicina alla vittima.

Proteggere i dispositivi è sempre più importante

Operation Triangulation segna un punto di svolta importante per gli exploit mobile e potrebbe ispirare ulteriori indagini sulle ATP che colpiscono dispositivi smart, mobile e wearable.
Probabilmente assisteremo a un aumento degli sforzi di sorveglianza da parte dei cybercriminali, che colpiranno i device degli utenti finali sfruttando le vulnerabilità e metodi ‘silenziosi’ di consegna degli exploit, tra cui attacchi zero-click via messanger e one-click tramite SMS o app di messaggistica, così come le intercettazioni del traffico di rete.

Lo sfruttamento delle vulnerabilità nei software e nei dispositivi di uso comune è un altro aspetto a cui fare attenzione. La scoperta di gravi vulnerabilità a volte viene studiata in modo limitato e risolta in ritardo, spianando potenzialmente la strada a nuove botnet invisibili su larga scala, capaci di attacchi mirati.

State-sponsored e Hacktivism sono la nuova normalità

A fronte delle crescenti tensioni geopolitiche, il numero degli attacchi informatici promossi da uno Stato nel corso del 2024 potrebbe aumentare
Questi attacchi saranno probabilmente la causa di furti o crittografia dei dati, violazione delle infrastrutture IT, spionaggio a lungo termine e sabotaggi informatici.

Un’altra tendenza è l’hacktivism, sempre più diffuso nell’ambito dei conflitti geopolitici. Le tensioni politiche indicano un probabile aumento dell’hacktivism, sia di carattere distruttivo sia finalizzato alla diffusione di fake news, portando a indagini inutili e alla conseguente stanchezza degli analisti SOC e dei ricercatori specializzati nella sicurezza informatica.

Serve un’intelligence avanzata

“Nel 2023 l’importante aumento della disponibilità di strumenti di AI non è sfuggito all’attenzione dei cybercriminali più esperti, impegnati in campagne estese e altamente sofisticate. Tuttavia, riteniamo che le previsioni future vadano oltre le possibili applicazioni dell’AI, – dichiara Igor Kuznetsov, Director, Global Research and Analysis Team (GReAT) di Kaspersky -. Il nostro obiettivo è quello di fornire ai professionisti della sicurezza informatica un’intelligence avanzata sulle minacce che sia in grado di anticipare gli ultimi sviluppi, migliorando la loro capacità di respigere gli attacchi informatici in modo più efficace”.

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Nel 2023 parola d’ordine risparmio, a costo di tradire il brand preferito

I clienti italiani come giudicano il servizio e le opportunità del retail digitale e tradizionale? Quali sono le sfide che il settore retail deve affrontare e quali gli aspetti prioritari?

Second i risultati della ricerca ‘Redefining retail: What’s Next for Shoppers and Retailers?’ di Manhattan Associates, quasi la metà degli italiani (48%) cerca alternative ai propri prodotti abituali per risparmiare, e il 42% rimane fedele ai propri brand, ma acquisterebbe di meno. Il 23% invece cerca di risparmiare sui prodotti alimentari, su abbonamenti e iscrizioni per poter continuare ad acquistare i propri brand preferiti.
Insomma, i tempi di difficoltà economica come quello attuale, in Italia sta emergendo una netta separazione tra i consumatori quando si tratta di fedeltà ai brand.

Sostenibilità: più importante per i retalier che per i clienti

Per il 18% degli intervistati, la sostenibilità ha la massima priorità, e per il 50% è comunque importante. Il 20% invece lo descrive come ‘bello, ma non indispensabile’, e il 7% non considera affatto questo aspetto. E quando si parla di consegna dei prodotti l’impatto ambientale gioca un ruolo importante solo per il 12%. La questione più rilevante è quella dei costi di consegna (50%), seguita dai tempi di delivery (28%) e il metodo di consegna (12%).

Tuttavia, i retailer rivelano un maggiore impegno verso la sostenibilità. Il 55% ritiene fondamentale una gestione efficiente dello stock, mentre il 51% sta adattando la propria rete di punti vendita, e per il 45% l’ottimizzazione dei resi svolge un ruolo importante per ottenere operazioni più sostenibili in futuro.

L’interazione con il negozio avviene online

Molti consumatori eseguono ricerche online prima di acquistare in store.
Il 60% cerca l’offerta più vantaggiosa, mentre il 52% legge le recensioni dei prodotti che intende acquistare. Per il 50% poi è importante saperne di più sul prodotto desiderato, il 35% si accerta che il prodotto desiderato sia in stock, e il 14% prenota l’articolo per il click and collect.

In Italia quasi la metà dei consumatori predilige WhatsApp come canale di comunicazione, con un picco del 55% nella fascia di età compresa tra 25-34 anni. Opzione già proposta da più della metà dei retailer (57%), mentre un altro 27% prevede di introdurla nei prossimi 1-2 anni.

La shopping experience tra mondo fisico e digitale è ormai uno standard

Si delinea la tendenza a unificare il retail online e quello fisico. Se il prodotto non è disponibile in uno store il 49% dei retailer può verificare la sua disponibilità nei punti vendita vicini e avvisare il cliente, e per il 70%, nel caso il prodotto non sia disponibile in store, rende possibile ordinarlo online e consigliare le migliori opzioni di fulfilment.
Insomma, una shopping experience agevolata tra mondo fisico e digitale è diventata uno standard. Solo per il 4% dei retailer i processi in store e online sono ancora indipendenti.

Negli ultimi 12 mesi ci sono state, poi, nuove introduzioni nell’ambito delle opzioni di consegna: in giornata (60%), click-and-collect (59%), a domicilio (53%), delivery lockers (53%) o l’accorpamento di più prodotti per utente in un’unica delivery (42%). A dimostrazione che i retailer sono consapevoli delle elevate aspettative dei consumatori.

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Sonno di qualità: quali sono le strategie per dormire bene?

Il sonno rappresenta un pilastro fondamentale per il benessere mentale e fisico dell’individuo. Oggi, la ricerca della qualità del sonno è divenuta una priorità, spingendo all’uso di tisane, integratori, medicine e all’impiego di sofisticate app e dispositivi. La sonnolenza è una priorità che influisce sulla vita quotidiana di molte persone.
L’interesse crescente per il sonno ha portato alla creazione di nuovi prodotti e servizi dedicati a migliorare la qualità del riposo. Dall’abbigliamento da letto all’ospitalità orientata al sonno, si è sviluppata un’intera industria del sonno.

Il monitoraggio del sonno 

Le app, come Samsung Health, vengono utilizzate da un numero sempre maggiore di utenti per monitorare il sonno. Nonostante ciò, una domanda rimane aperta: quanto è di qualità il nostro sonno? Uno studio globale su 716 milioni di notti di sonno ha rivelato che, nonostante l’aumento dell’interesse per la salute del sonno, la qualità del riposo sta diminuendo.
La durata media del sonno si è ridotta, scendendo al di sotto delle 7 ore raccomandate dalla National Sleep Foundation. Inoltre, c’è un aumento del tempo di veglia durante le ore notturne, diminuendone ulteriormente la qualità.

Differenze tra gruppi demografici

Le differenze nella qualità del sonno si osservano in tutti i gruppi demografici, con le donne che mostrano le flessioni più significative nell’ultimo anno. Le persone di età superiore ai 70 anni hanno sperimentato una diminuzione del livello di qualità del sonno quasi doppio rispetto ai ventenni. Il Nord America ha registrato la maggiore diminuzione della qualità del sonno, mentre l’Asia ha il valore più basso.

Impatto del sonno sui giovani

Il deficit di sonno, che misura la discontinuità del sonno tra i giorni feriali e i fine settimana, ha un impatto significativo sui giovani. I ventenni hanno un deficit del sonno quasi doppio rispetto ai settantenni, con l’America Latina che ha il deficit più lungo.

Consigli per dormire meglio

Per migliorare la qualità del sonno, è importante seguire alcune pratiche raccomandate dalla ricerca clinica. Prima di dormire, evitare attività stressanti e dispositivi elettronici, fare una doccia calda o dedicarsi a un hobby rilassante per calmare la mente, e assicurarsi che la stanza sia buia, fresca e silenziosa.
Ci si può aiutare anche con l’alimentazione. Il succo di amarena, il succo di barbabietola, i kiwi e le noci, ad esempio, contengono nutrienti come la melatonina e la serotonina che possono migliorare la buonanotte. Questi alimenti offrono una soluzione naturale per chiunque desideri migliorare il proprio riposo notturno.