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Deinfluencer, la risposta (negativa) al marketing di massa

Al posto di cavalcare i trend del momento promuovono un consumo più sostenibile ed etico, invece di sponsorizzare prodotti li criticano e si interrogano sull’impatto che questi possono generare sui comportamenti d’acquisto dei consumatori. Sono i deinfluencer, l’esatto opposto degli e delle influencer. Una categoria di creatori di contenuti digitali che sta prendendo piede in risposta al fenomeno influencer, 

Tra i deinfluencer più noti ed emergenti si può sicuramente annoverare Derek Guy, scrittore e commentatore canadese di moda, noto anche come ‘il ragazzo dell’abbigliamento maschile’ su X, ma anche Tanner Leatherstein o Andrea Cheong.

Ne vale davvero la pena?

Citato anche da Bloomberg, in una serie di 27 post Guy ha spiegato la differenza tra un maglione di cashmere che costa 50 dollari e uno che potrebbe costarne fino a 5.000.
Guy sottolinea ovviamente che esistono grandi differenze in termini di qualità (morbidezza, elasticità, lunghezza del filato, longevità) tra i due capi, ma ne analizza l’impatto sull’ambiente e sul benessere degli animali.

Derek Guy sembra incarnare a tutti gli effetti il fenomeno dei deinfluencer, che sui social suggeriscono ai loro follower cosa non comprare, rifiutando le tendenze del momento, il consumismo sfrenato o le leggi imposte dal marketing di massa. Spesso i loro post e reel iniziano con la domanda: ‘Ne vale davvero la pena?’

Quanto costa davvero una borsetta da migliaia di euro?

Un altro esempio è quello di Tanner Leatherstein, i cui video dove smonta borsette da migliaia di euro dichiarandone il reale valore sono diventati virali su Instagram e TikTok.

Grazie alle sue doti di artigiano e la sua conoscenza dei pellami Tanner Leatherstein nei video che pubblica usa taglierini, solventi, forbici e lime per distruggere e sezionare ogni singolo componente degli oggetti in questione.
La domanda posta ai consumatori sé sempre la stessa: il prodotto vale davvero la cifra richiesta dal brand di lusso in oggetto?

Come leggere le etichette di cuciture, fodere e materiali vari?

Il fenomeno del deinfluencer non è nuovo al mondo dei social,  riferisce Adnkronos, ma è emerso come trend circa un anno fa.
Anche Andrea Cheong, deinfluencer con oltre 390.000 follower su Instagram e TikTok, mostra come leggere le etichette di cuciture, fodere e materiali di abbigliamento e accessori esposti nei negozi.

In pratica, cpsì come fa Guy, sui social Cheong tenta di scoraggiare il consumismo sconsiderato.
Insomma, chissà se anche in Italia alcuni consumatori non inizino ad avere una visione più critica e consapevole di quello che acquistano.

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YouTube impone etichette ai video generati con l’AI

La celebre piattaforma di video musicali ha introdotto nuove e severe linee guida per la gestione dei contenuti generati tramite Intelligenza artificiale. In particolare, i deepfake.
D’ora in avanti chi carica un video su YouTube dovrà indicare chiaramente quali contenuti sono stati realizzati con l’Intelligenza artificiale. Le conseguenze per chi non etichetta correttamente i contenuti potrebbero comportare la rimozione del video, la sospensione dell’account o la demonetizzazione.

Più in dettaglio, YouTube ha chiarito che i creatori dovranno etichettare i contenuti realistici generati dall’AI, rendendo esplicito immediatamente che sono stati realizzati con l’Intelligenza artificiale. Soprattutto se riguardano contesti delicati come le elezioni politiche o situazioni di conflitto attuali.

Tutelare i partner dell’industria musicale

Le nuove norme si dividono in due categorie principali, una più rigida, volta a tutelare i partner dell’industria musicale della piattaforma, e un’altra meno restrittiva, applicabile al resto degli utenti.
Queste etichette saranno visibili nelle descrizioni dei video e direttamente sui video stessi, nel caso di materiale sensibile.

La definizione di “realistico” da parte di YouTube però non è ancora stata precisata. Tuttavia, il portavoce Jack Malon ha indicato che l’anno prossimo, quando questa politica entrerà in vigore, verranno fornite indicazioni più dettagliate, complete di esempi.

Ma come identificare con certezza i deepfake?

Resta incerto, però, come YouTube possa identificare con certezza i video generati dalla AI non etichettati, considerando che gli attuali strumenti di rilevamento sono ancora poco affidabili.
La situazione si complica ulteriormente per i video che utilizzano deepfake per simulare persone reali, come nel caso della loro voce o del loro volto.

YouTube permetterà le richieste di rimozione tramite un modulo esistente, ma valuterà diversi fattori, ad esempio, se il contenuto è una parodia o una satira o se l’individuo rappresentato nel video è un personaggio pubblico.
Ma per i contenuti musicali generati da AI che imitano la voce cantata o parlata di un artista, non saranno ammesse eccezioni per parodia e satira. I canali che producono ‘coperture’ AI di artisti vivi o deceduti potrebbero comunque vedere i loro contenuti rimossi, riporta Adnkronos.

Un passo importante verso la tutela del copyright

Negli ultimi tempi, attori come Tom Hanks e Scarlett Johansson hanno intentato cause contro software di Intelligenza artificiale che avevano sfruttato i loro volti e voci per realizzare spot pubblicitari senza permesso.

La novità potrebbe quindi segnare un passo importante verso la tutela del copyright e il suo rapporto con l’AI, riferisce Ansa.
“Crediamo sia nell’interesse di tutti mantenere un sano ecosistema di informazioni su YouTube – si legge sul blog della piattaforma -. Abbiamo politiche di lunga data che vietano i contenuti tecnicamente manipolati che ingannano gli spettatori, e che possono rappresentare un rischio di danno grave”.

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Nomadismo digitale: un fenomeno in crescita anche grazie alla tecnologia 

Secondo l’ultima edizione dell’European Employer Survey, l’osservatorio di Littler sul nomadismo digitale, il 73% degli intervistati dichiara di avere dipendenti ‘nomadi digitali’. Nel 2021 erano il 61%. In generale, però, emerge un sentiment di preoccupazione tra le aziende (89%), soprattutto per i rischi legali, le implicazioni fiscali e altri problemi occupazionali. Di fatto, il ‘nomadismo digitale’ è un fenomeno in crescita, che offre tante opportunità, soprattutto per spalancare le porte a talenti e professionisti specializzati, ma che comporta anche tante sfide per le aziende. In primo luogo, in termini logistici e normativi.

Tra stereotipi idealizzati e vere opportunità

Tra gli stimoli che fanno crescere il nomadismo digitale, c’è sicuramente l’aspirazione dei lavoratori di abbracciare uno stile di vita più flessibile e autonomo, che possa migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Per le aziende è un’opportunità per attrarre e trattenere nuovi talenti.
“Spesso, quando si parla di nomadismo digitale, si pensa a una persona alla scrivania con vista su una spiaggia tropicale. Si tratta di stereotipi idealizzati e stili di vita irrealistici – spiega Edoardo Vitale, Content Manager di Mine Studio -. In Italia, ad esempio, il nomadismo digitale offre opportunità enormi per ripopolare le aree interne e i comuni abbandonati, rimettendo in circolo economie stagnanti e rispondendo alla sempre più crescente necessità di orari di lavoro flessibili e costi della vita inferiori”.

Non c’è remotizzazione senza digitalizzazione

In questo scenario, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale nel rendere possibile una modalità di lavoro impensabile fino a pochi anni fa.
“Il fenomeno della remotizzazione dei dipendenti rende imprescindibile la digitalizzazione in tutte le sue sfaccettature: anche quella dei pagamenti delle spese aziendali”, sottolinea Davide Salmistraro, Country Manager in Italia di Soldo.
Lavorare fuori dai confini aziendali richiede condizioni tali da soddisfare le esigenze di efficienza, portabilità e connettività necessarie per mantenere il livello di produttività e affidabilità richiesto. Se da un lato la tecnologia offre sempre maggiori opportunità per accedere e organizzare in maniera ottimale dati e file, dall’altro genera anche nuove sfide per le aziende in termini di archiviazione, backup e protezione dei dati sensibili.

In cerca di nuove soluzioni per proteggere i dati sensibili

Secondo i risultati di una ricerca commissionata da Western Digital nel 2021, riporta Adnkronos, il 63% dei data-manager italiani ha visto aumentare incidenti e minacce alla sicurezza dei dati negli ultimi 12 mesi.
“Con l’evoluzione della tecnologia, dipendenti e datori di lavoro sono alla ricerca di nuove soluzioni per archiviare e condividere i dati sensibili in modo più sicuro – aggiunge Fabrizio Keller, Senior Product Marketing Manager Western Digital -. La combinazione tra un’infrastruttura adeguata, che integri piattaforme di crittografia per archiviare e condividere i dati sensibili, e una maggiore formazione dei dipendenti sulle minacce a cui possono esporre la propria organizzazione, contribuirà a migliorare il panorama delle minacce e a ridurre i rischi”.

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Meta: nuove possibilità di monetizzare per i creator di Facebook e Instagram

Da Meta sono in arrivo nuovi strumenti dedicati ai creator per monetizzare su Facebook e Instagram, anche in Italia. Tra le novità anche la possibilità di mostrare o condividere su Instagram gli NFT. Creator e collezionisti avranno quindi la possibilità di connettere il loro portafoglio digitale e postare i collezionabili digitali che avranno creato o comprato. Inoltre, sono più ampie le tipologie di NFT che sarà possibile mostrare su Instagram, come video o NFT animati. E sono già disponibili informazioni sulle raccolte i cui metadati sono stati implementati da OpenSea, come nome e descrizioni. Riguardo a Instagram, Meta inizierà a testare gli abbonamenti con i creator nel Regno Unito, Australia e Canada.

Facebook Stars verrà abilitata anche sui Reels

Verrà poi semplificato l’uso della funzione Facebook Stars, abilitandola anche su contenuti pubblici dei creator, come i Reels. Le persone potranno così scoprire e utilizzare le Stelle in più contesti su Facebook. Per i creator che stanno già utilizzando le Stelle, verranno lanciate nuove funzionalità, che permettano loro di guadagnare in modo più semplice attraverso le Stelle e di interagire con chi le invia. Verranno anche introdotti nuovi set di regali virtuali con contenuti su misura. Ad esempio, se si guarda un Reel che mostra il cucciolo del pet creator preferito, si potrà inviare a quel creator un regalo a tema canino.

Più strumenti per interagire con chi invia Stelle

Ai creator verranno messi a disposizione più strumenti per interagire con chi invia Stelle. Come, ad esempio, aggiungere un filtro nella sezione Gestisci Commenti, che mostra tutte le Stelle ricevute da un creator in un unico posto. In questo modo i creator potranno rispondere a più commenti in una volta sola. Recentemente è stato lanciato su Facebook un sistema di condivisione dei ricavi per la musica, che offre ai creator e ai proprietari dei diritti musicali una nuova modalità per monetizzare dai video condivisi sulla piattaforma. Ogni volta che un creator utilizza una musica concessa in licenza nei propri video su Facebook per 60 secondi o più può monetizzare tramite annunci in-stream. E una quota delle entrate è destinata al titolare dei diritti musicali.

Il profilo diventa Professionale

Un’altra novità riguarda la modalità Professionale per Profili Facebook, che offre ai creator e a tutte le persone maggiori di 18 anni una serie di strumenti e opportunità per iniziare a monetizzare attraverso Facebook Stars, inserzioni su Facebook Reels, inserzioni in-stream, o con il programma bonus Reels Play. Si tratta di una nuova impostazione del profilo, riporta Italpress, che permette ai creator di tutto il mondo di costruire una presenza pubblica sulla piattaforma, senza rinunciare alla propria esperienza personale. E che permetterà di avere accesso a sistemi di analisi dei contenuti e dell’audience, oltre che a nuovi strumenti di formazione.

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Ransomware, i rischi per le imprese e la necessità di un approccio olistico alla Cyber Protection

E’ il ransomware la principale minaccia per le organizzazioni in tutto il mondo, tanto che entro il 2023 si prevedono danni per 30 miliardi di dollari. Ecco un degli allarmanti dati che esce dal report sulle minacce digitali, relativo al primo semestre dell’anno, realizzato da Acronis, leader nella Cyber Protection. Dalla ricerca emerge che il ransomware è ancora la minaccia primaria per le aziende di grandi e medie dimensioni e per gli enti istituzionali; i risultati individuano nell’eccessiva complessità dell’IT e delle infrastrutture la causa dell’aumento degli attacchi. Quasi la metà di tutte le violazioni segnalate nella prima metà del 2022 fa riferimento al furto delle credenziali, la prima fase delle campagne di phishing e ransomware.

I pericoli legati al phishing

Per la sottrazione delle credenziali e di altre informazioni riservate, i criminali informatici scelgono il phishing e altre forme di e-mail dannose come vettori di infezione. Quasi l’1% di tutte le e-mail contiene link o file dannosi; più di un quarto (26,5%) di tutte le e-mail ha raggiunto le cartelle di posta in arrivo degli utenti senza essere bloccato da Microsoft 365; le e-mail infette sono state quindi rimosse dalle funzionalità di sicurezza e-mail di Acronis. La ricerca rivela che i criminali si avvalgono anche del malware e delle vulnerabilità software non risolte per sottrarre i dati e tenere “in ostaggio” le organizzazioni. Il panorama delle minacce alla Cyber Security è ulteriormente complicato dal diffondersi di attacchi che sfruttano vie di accesso non convenzionali, come le criptovalute e i sistemi finanziari decentralizzati, che sono oggi la nuova priorità dei gruppi di hacker. Le violazioni perpetrate tramite queste nuove vie hanno causato perdite per miliardi di dollari, con terabyte di dati esposti.
“Le minacce informatiche vengono continuamente perfezionate e aggirano le misure di sicurezza convenzionali”, dichiara Candid Wüest, Vicepresidente di Cyber Protection Research di Acronis. “Le aziende di ogni dimensione devono quindi orientarsi verso un approccio olistico alla Cyber Security che integri funzionalità anti-malware, sicurezza e-mail e vulnerability assessment. La raffinatezza dei criminali informatici e l’onere economico dei loro attacchi hanno raggiunto un livello tale da rendere impossibile l’impiego di approcci isolati e di soluzioni puntuali”.

Peggio del previsto

Consci della maggiore dipendenza dal cloud, gli autori degli attacchi hanno individuato altre forme di accesso alle reti cloud, concentrando la loro attenzione sui sistemi operativi Linux, sui fornitori di servizi gestiti (Managed Service Provider, MSP) e sulla loro rete di clienti delle PMI. In un contesto così variabile, le aziende da sole faticano a tenere il passo. Il ransomware è ancora più temibile di quanto previsto. Le bande criminali che diffondono il ransomware infliggono danni ingenti. L’uso del phishing, di siti web e di e-mail dannose è in continuo aumento e non si arresta neanche la diffusione del malware. Nella prima metà del 2022 sono 600 le campagne e-mail che hanno infettato Internet. Il 58% delle e-mail erano tentativi di phishing. Il 28% di queste e-mail contenevano malware.

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Una sfida tra Intelligenza artificiale e intelligenza umana

L’Intelligenza artificiale ha sfidato l’intelligenza umana: il 19 luglio, durante l’AI Forum, l’evento italiano sull’intelligenza artificiale per le imprese, nell’ambito della conferenza internazionale di Padova IEEE WCCI 2022 (World Congress On Computational Intelligence), si è svolta la competizione Artificial Intelligence vs Human: Can you compete with WebCrow? In pratica, una ‘macchina’ ha sfidato esperti e appassionati di parole crociate in una gara a tempo in italiano e inglese. Ma chi ha vinto? È riuscita l’intelligenza artificiale a risolvere cruciverba, naturalmente inediti, dimostrando di capire frasi fatte, giochi di parole, ed espressioni ambigue?
“Possono le macchine risolvere cruciverba come noi? – commenta Marco Gori, dell’Università di Siena e uno degli ideatori di WebCrow, il software di AI in grado di risolvere i cruciverba -. Come fanno a incrociare le definizioni, rispondere a ‘musicista del settecento che ha concepito i canoni’ oppure a ‘nome di donna’? E ancora: come possono cogliere i trucchi, le sfumature linguistiche, l’umorismo?”.

Un mutuo rinforzo delle capacità cognitive

Sviluppato dall’Università di Siena in partnership con expert.ai e AIxIA, WebCrow 2.0 è il primo risolutore di cruciverba multilingue basato sull’AI. Durante l’evento ’Webcrow 2.0 – AI vs. Human’, si è discusso anche dell’evoluzione di Webcrow verso la creazione di cruciverba in un contesto di rete sociale, “in cui umani e agenti software generano cruciverba per altri che li risolvono – aggiunge Gori -, con la prospettiva di sperimentare il mutuo rinforzo delle capacità cognitive degli agenti software”.

“Abbiamo insegnato alla macchina a capire il significato delle parole”

“La risoluzione automatica dei cruciverba, che può apparire come una sfida curiosa per chiunque sia appassionato di enigmistica, è un ambito di applicazione estremamente stimolante per chi si occupa di software e tecnologie linguistiche – spiega Marco Varone, Chief Technology Officer di expert.ai, partner del progetto e azienda nel mercato dell’AI con tecnologia proprietaria completamente Made in Italy -. Abbiamo insegnato alla macchina a capire il significato delle parole e delle frasi. È infatti il nostro mestiere aiutare le organizzazioni a dare un senso all’immenso patrimonio informativo a disposizione per migliorare qualsiasi attività o processo di business fondato sulla gestione della conoscenza”.

Un ulteriore passo nella direzione ella collaborazione tra esseri umani e AI

“Quella che può sembrare solo una competizione tra AI ed esseri umani nasconde in realtà una sfida ancora più avvincente, legata al rendere gli agenti intelligenti artificiali in grado di comprendere e interagire in maniera più naturale e profonda con aspetti fondamentali dell’esperienza umana – sottolinea Davide Bacciu, Professore Associato dell’Università di Pisa e Vice Presidente di AIxIA Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) -. In questo senso, la sfida di WebCrow è un ulteriore passo nella direzione dell’integrazione e della collaborazione positiva tra esseri umani e AI”. 

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L’impatto del Metaverso sulla vita delle persone: cosa succederà?

Metaverso, Realtà Aumentata, Realtà Virtuale: sono tutti termini riferiti alla tecnologia ma che entrano sempre di più nella nostra vita quotidiana. E, specie negli ultimi mesi, si è parlato moltissimo di queste evoluzioni, in particolare del Metaverso. Ma quanto ne sanno gli italiani, e anche i cittadini di tutto il mondo, in merito a questa trasformazione? Per capirlo,Ipsos, in collaborazione con il World Economic Forum, ha condotto una nuova indagine sondando l’opinione dei cittadini in 29 Paesi del mondo -tra cui l’Italia- con l’obiettivo di comprendere il grado di conoscenza di questi concetti, il livello di entusiasmo per le nuove tecnologie e l’impatto che queste possano avere nella vita delle persone nel prossimo decennio.

Cosa cambierà nella vita quotidiana?

Tra le varie analisi, è particolarmente interessante quella riferita al Metaverso e all’impatto che questo avrà nella vita di tutti i giorni. Nonostante le differenze significative in termini di familiarità ed entusiasmo, l’opinione pubblica internazionale prevede ampiamente che vari tipi di applicazioni che utilizzano il Metaverso e la realtà estesa cambieranno in modo significativo la vita delle persone nel prossimo decennio. In particolar modo, gli italiani concordano sul fatto che -nel corso dei prossimi dieci anni- lo sviluppo delle seguenti app, che si basano sull’utilizzo delle nuove tecnologie, cambierà totalmente il modo in cui le persone vivono: 60% – Apprendimento virtuale (corsi, frequentare la scuola…); 56% – Risorse digitali per la salute (consulenze, consultazioni virtuali, chirurgia a distanza…); 55% – Intrattenimento digitale nella realtà virtuale (film, concerti…); 54% – Ambienti di lavoro virtuali (collaborazione virtuale, networking…); 49% Giochi virtuali (giochi di realtà aumentata, strumenti multiplayer…) e socializzazione virtuale (chat con amici/familiari, appuntamenti, incontri…); 43% Viaggi e turismo virtuali (replicare il mondo reale…); 38% Scambio di beni digitali (NFT, oggetti da collezione, criptovalute…). 

Fiducia nel futuro

Le aspettative sull’impatto delle applicazioni che si basano sul Metaverso variano anche in base al Paese e alle caratteristiche demografiche. In generale, circa la metà degli intervistati dichiara di conoscere il Metaverso (52%) e di provare sentimenti positivi nei confronti dell’utilizzo della realtà estesa nella vita quotidiana (50%). Per quanto riguarda il Metaverso, le differenze – anche quelle fra paese e paese – non sono così nette, il che suggerisce che – a prescindere dal fatto che lo si attenda o meno-  la maggior parte delle persone si aspetta che la propria vita venga profondamente influenzata dalle nuove tecnologie nei prossimi anni.

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Italiani e Internet, tutti on line via mobile

Gli italiani sono (quasi) tutti on line. A dichiararlo è Audiweb, che ha appena diffuso i dati relativi dati alla total digital audience del mese di dicembre 2021. In estrema sintesi, dalle rilevazioni si scopre che nell’anno passato la total digital audience ha raggiunto il 74,5% della popolazione dai 2 anni in su nel mese medio (+2,2% rispetto alla media del 2020), pari a una media di 44,3 milioni di utenti unici collegati dai device rilevati. La fruizione da Mobile (Smartphone e/o Tablet) ha raggiunto un livello di concentrazione dell’89,8% della popolazione di 18-74 anni, con 39,1 milioni di individui che si sono collegati mensilmente in media nel 2021 da questi device.  
Rispetto al 2020 la fruizione di internet nel giorno medio ha registrato un incremento dell’8,2%, con un uso nel quotidiano ancora in crescita tramite Mobile che raggiunge il 77,5% della popolazione tra i 18 e i 74 anni (+12,8%) e di quasi il 90% nel mese medio.

Dove si naviga di più 

Il documento presenta anche le prime cinque categorie di siti e applicazioni più visitati in media mensilmente nel 2021.  Sono le categorie che raggruppano i motori di ricerca (Search) con 41,5 milioni utenti unici mensili, i servizi e strumenti online (Internet Tools / Web Services) con 39,6 milioni di utenti unici in media, le piattaforme e siti di video e cinema (Video / Movies) con 38,8 milioni di utenti unici, i portali generalisti (General Interest Portals & Communities) con 38,6 milioni di utenti, i Social Network (Member Communities) con 38,5 milioni di utenti, le testate di informazione online (Current Events & Global News) con 38,1 milioni di utenti.  Presentano elevati valori di audience media mensile anche le categorie che raggruppano i siti e le piattaforme di e-commerce di largo consumo (Mass Merchandiser) con 32,2 milioni di utenti unici in media nel 2021, i siti governativi (Government) con 30,1 milioni di utenti e i siti dedicati alla salute e al benessere (Health, Fitness & Nutrition) con 29,9 milioni di utenti.

I numeri di dicembre

Riferito a dicembre 2021, a total digital audience del mese è rappresentata da 44,6 milioni di persone, il 75,6% della popolazione dai due anni in su. Il 90,3% della popolazione maggiorenne ha navigato da Mobile per 55 ore e 35 minuti in media. Sono stati 36,4 milioni gli individui che hanno navigato almeno una volta nel giorno medio, online per 2 ore 18 minuti in media per persona. La fruizione di internet da Mobile nel giorno medio ha riguardato il 76,7% della popolazione tra i 18 e i 74 anni (33,1 milioni), online in media per 2 ore e 7 minuti per persona.

Più uomini che donne

Per quanto riguarda la distribuzione per genere, nel giorno medio a dicembre erano online il 63,4% degli uomini e il 59,7% delle donne e, per quanto riguarda i vari segmenti della popolazione che hanno navigato almeno una volta nel giorno medio dai device rilevati (Computer e Mobile) ritroviamo l’82,1% dei 18.24enni, l’83,9% dei 25-34enni, l’86,9% dei 35-44enni, l’85% dei 45-54enni e il 79,3% dei 55-64enni, mentre gli over 64enni si mantengono su una quota pari al 39,2%.

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Gli italiani si informano solo sui social?

Gli italiani per informarsi generalmente usano i social in combinazione con altre fonti informative. Ma 4 milioni e mezzo di loro si informano solo sui social network. Più in particolare, sono 14 milioni e mezzo gli italiani che utilizzano Facebook per avere notizie, e tra questi, il 30,1% dei 14-80enni, il 41,2% tra i laureati, il 39,5% nei soggetti con età compresa fra 30 e 44 anni, e il 33% delle donne.
Ma non c’è solo Facebook: il 12,6% della popolazione, e il 18% tra i giovani, acquisisce informazioni su YouTube, e il 3% su Twitter (5% tra i più giovani). Si tratta di alcuni dati emersi dall’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulle Agenzie di comunicazione in Italia.

Sul web la comunicazione è senza filtri

Se il web durante la pandemia ha consentito agli italiani di costruirsi una nuova quotidianità digitale, non mancano gli aspetti contraddittori del suo utilizzo, alcuni dei quali hanno un impatto diretto su informazione e fake news. Il Covid-19 infatti ha evidenziato i rischi di una comunicazione senza filtri, proliferante, disordinata, che nel web ha l’epicentro della disinformazione e delle fake news.
Il 55,1% degli italiani poi è convinto che il digitale fomenti odio, rancore e conflittualità, con quote che arrivano al 58,9% tra le donne e al 58,4% tra i giovani under 34. E il 22,6% ha paura di cadere vittima degli haters.

Meglio un’informazione di qualità

L’86,4% degli italiani però sa che per ottenere un’informazione di qualità è meglio affidarsi ai quotidiani cartacei o online, a radio e televisione piuttosto che ai social network, dove chiunque è libero di produrre e diffondere notizie. Non è un caso che il 74,5% pensa che la televisione sia molto o abbastanza affidabile, mentre solo il 34,3% giudica affidabili i social network. Un evento inaspettato come l’epidemia da Covid-19 ha scatenato la domanda di informazione a livello globale, e a tal proposito un’indagine di Eurobarometro rileva come il 61% dei cittadini europei ritenga virologi, medici e personale sanitario le più attendibili fonti di informazione sui vaccini, ma tra i no vax la quota scende al 32%. E il 10% di chi non è vaccinato per informarsi sui vaccini ripone fiducia sui siti web, e l’8% sui social, contro il 5% della popolazione.

Covid e fake news

Il 41% di chi ha deciso di non vaccinarsi non giudica affidabile nessuna fonte informativa, mentre il 54,2% degli italiani ritiene positiva la presenza mediatica degli esperti nei vari campi della medicina.
Il 45,8%, però, esprime giudizi negativi, in quanto virologi ed epidemiologi hanno creato confusione e disorientamento (34,4%) o sono stati dannosi perché hanno provocato allarme (11,4%).
In ogni caso, l’86,8% degli italiani vorrebbe regole e controlli più stringenti per le notizie sul web. E per il 56,2% sarebbero necessarie pene più severe per chi diffonde false notizie deliberatamente.

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Le cyber minacce per il 2022 secondo Acronis

Durante la seconda metà del 2021 solo il 20% delle aziende ha affermato di non aver subito attacchi informatici, contro il 32% dell’anno precedente: un chiaro segnale dell’aumentata frequenza degli attacchi complessivi. Acronis ha pubblicato il Report annuale sulle minacce digitali per il 2022. In particolare, il rapporto sottolinea i rischi che corrono i provider di servizi gestiti (MSP). Gli attacchi alla supply chain perpetrati contro gli MSP sono infatti particolarmente devastanti, perché consentono ai criminali di accedere alle attività degli MSP e dei loro clienti. Un attacco riuscito di questo tipo causa la paralisi di centinaia o migliaia di Piccole e medie imprese.

La crescita del phishing è incessante

Oltre all’aumentata efficienza dei criminali informatici e all’impatto su MSP e Pmi, il Report Acronis evidenzia come il phishing si confermi il principale vettore di attacco. Il 94% dei malware viene infatti diffuso tramite e-mail con tecniche di social engineering che ingannano gli utenti portandoli ad aprire link o allegati dannosi. Il phishing quindi è in cima alla classifica da prima della pandemia, e la sua crescita è incessante. Solo quest’anno Acronis ha riferito di aver bloccato il 23% in più di e-mail e nel terzo trimestre del 2021 il 40% di e-mail contenenti malware rispetto al secondo trimestre dello stesso anno.

Ransomware, uno degli attacchi informatici più redditizi

Gli autori del phishing elaborano nuovi stratagemmi e passano ai sistemi di messaggistica. Per impadronirsi degli account, le nuove tecniche puntano agli strumenti di autenticazione OAuth e a più fattori (MFA). Per bypassare i più diffusi sistemi anti-phishing vengono utilizzati messaggi di testo, Slack, chat di Teams e altro, sferrando attacchi di tipo BEC che causano la compromissione delle e-mail aziendali. Quanto al ransomware, resta la minaccia numero uno sia per le grandi aziende sia per le Pmi. Gli obiettivi più ambiti sono il settore della PA, la Sanità, la produzione manifatturiera e altre strutture strategiche. Malgrado i recenti arresti, quello perpetrato tramite ransomware continua a essere uno degli attacchi informatici più redditizi. Acronis stima che i danni causati dal ransomware supereranno i 20 miliardi di dollari prima della fine dell’anno.

Criptovalute e attacchi contro le app Web 3.0

Le criptovalute sono tra le preferite dai pirati informatici. Una realtà recente è quella degli infostealer e dei malware che si appropriano degli indirizzi dei portafogli digitali. È prevedibile che nel 2022 un numero crescente di questi attacchi vada a colpire gli smart contract, i programmi che costituiscono la base fondante delle criptovalute. Secondo il Report di Acronis aumenterà però anche la frequenza degli attacchi contro le app Web 3.0, così come quella dei sofisticati attacchi flash loan, grazie ai quali verranno prelevati milioni di dollari dalle pool di criptovalute. In termini di Cyber Security il 2021 è stato l’anno peggiore mai registrato, non solo per numerose organizzazioni ma per intere nazioni, inclusi gli Emirati Arabi Uniti, oggi impegnati a contrastare la pandemia di criminalità informatica internazionale.