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Vacanze in Italia? Piacciono i casali e le ville, soprattutto agli stranieri

L’Italia è da sempre una meta turistica amatissima per le vacanze, sia dagli italiani sia dagli stranieri. Ma ora c’è un nuovo modo di viverla che piace ancora di più: in ville con piscina, dimore di pregio e casali, a pieno contatto con le realtà locali. A dare le dimensioni del fenomeno è l’ultimo Osservatorio di Emma Villas, società leader nel vacation rental in Italia con un portfolio di oltre 500 immobili gestiti in esclusiva. E proprio l’andamento delle prenotazioni ha permesso di tracciare un bilancio più che positivo della passata stagione estiva e di indicare i trend per il prossimo futuro.

+52% di settimane prenotate

In base ai dati analizzati, si scopre che le settimane prenotate sono state il 52% in più rispetto all’anno precedente, e addirittura il 70% in più sul 2019. I clienti ospitati sono stati circa 45.000, con un 86% di presenze nel Bel Paese attribuibile agli stranieri. Inglesi (20%) e statunitensi (14%) al primo posto tra i clienti extra UE. Non mancano però nel Bel Paese presenze europee, con i tedeschi (15%), in pole position. Nella classifica, riferisce Askanews, figurano anche gli italiani (14%), che provengono principalmente da Lombardia (42%), Lazio (14%) ed Emilia-Romagna (10%).

Le Regioni preferite per il soggiorno italiano

Al primo posto la Toscana, con 3.770 settimane prenotate e un indice di occupazione in alta stagione del 95%, al secondo posto, con oltre 1.200 settimane prenotate e un’occupazione delle strutture al 92%, l’Umbria. Completa il podio la regione Marche, con 434 settimane e un indice di occupazione che è arrivato al 92% in alta stagione. Ottimi risultati registrati anche per Sicilia ed Emilia Romagna, rispettivamente con 384 e 331 settimane prenotate. Ma se si guarda solo la percentuale del prenotato sul disponibile in alta stagione – la cui media nazionale è del 81% – si scoprono altri elementi interessanti: come il caso delle ville in Abruzzo, occupate al 100% durante l’estate.

Una vacanza di lusso, ma economicamente vantaggiosa

Tra i motivi del successo di questa formula di vacanza spicca sicuramente anche l’aspetto economico. Basta fare i conti: il costo medio nazionale per l’affitto di una villa o tenuta di pregio è di circa 4.173 euro a settimana. Si tratta di costi che diventano accessibili perché suddivisi tra più ospiti. Si possono quindi tradurre in una spesa media orientativa di circa 525 euro a persona per settimana, per soggiornare in dimore da sogno senza sensi di colpa.

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Economia

Lo scenario mondiale impatta sulla quotidianità? Come?

Pandemia, guerra, crisi climatica e inflazione sono gli elementi di una ‘tempesta perfetta’ che sta minando il nostro futuro. Il 2022 ha visto susseguirsi una serie di eventi gravi e imprevedibili che stanno delineando uno scenario sempre più preoccupante, e che sta impattando sulla quotidianità degli italiani. È quanto emerge dall’anteprima digitale del Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop con la collaborazione di Nomisma, Nielsen, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, e Npd. L’inflazione, ad esempio, fa crollare il potere d’acquisto: si stima che nel 2022 sia pari a 2.300 euro la perdita media del potere d’acquisto per le famiglie. E più si è soli, più pesa il caro vita.

Crisi climatica, guerra in Ucraina, risorse energetiche

L’emergenza causata dalla crisi climatica è la prima fonte di preoccupazione per gli italiani e il 38% è convinto che sarà proprio questa la causa del prossimo evento epocale. Questa tematica impatta sullo stato d’animo degli italiani più della guerra in Ucraina (39% vs 28%) e dell’inflazione (29%). Il problema delle risorse energetiche lo è in modo particolare in Italia, sia per questioni commerciali sia ideologiche legate alla Russia. Non bisogna poi dimenticare l’aspetto ideologico: il 27% degli italiani ritiene che siano UE e USA i maggiori responsabili della guerra, e il 35% è convinto che USA e UE siano i principali ostacoli alla pace.

Cresce il divario socioeconomico

In Italia la classe media è sempre più in difficoltà, aumentano i poveri (+6 milioni nell’ultimo anno) e cresce la forbice tra chi è molto ricco e chi vive una situazione di grave povertà. Rispetto al 2019 la ricchezza delle persone più facoltose del Paese è aumentata del 36%. Cresce infatti il mercato del lusso, con +46% compravendite di abitazioni da più di un milione di euro e +16% immatricolazioni di auto di valore. Allo stesso tempo, le famiglie sembrano già attuare una spending review: il 68% mette in pratica strategie di risparmio, il 57% limita gli sprechi, il 52% riduce in maniera selettiva la spesa destinata ad alcune categorie di prodotti e servizi, e 1 su 2 non acquista beni considerati superflui. 

Retribuzioni inadeguate al costo della vita. Aumentano le dipendenze

Le retribuzioni non sostengono un costo della vita sempre più elevato. Oggi 1 occupato su 5 con contratto part time e 1 su 10 con contratto full time sono a rischio povertà. In questo scenario di forte insicurezza, acquista sempre più importanza la dimensione personale. Allo stesso tempo, gli italiani sono sempre più dipendenti da smartphone e social (45% e 28%), guardano compulsivamente serie tv (31%) e vanno alla ricerca di esperienze ad alto tasso adrenalinico (12%). Cresce anche la percentuale di chi consuma alcolici, si dedica a scommesse e giochi d’azzardo, quintuplica l’uso di psicofarmaci e quadruplica il consumo di droghe.

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La Spending review degli italiani non tocca il cibo

Nonostante l’aumento dei prezzi 24 milioni e mezzo di italiani non sono disposti a scendere a compromessi nelle scelte alimentari: nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità, ma non la qualità del loro cibo. La tempesta perfetta non poteva risparmiare la filiera del cibo, anzi, ha trovato proprio nelle catene di approvvigionamento globali uno dei suoi principali epicentri. Oggi il mercato italiano sembra manifestare una dinamica inflattiva dei prodotti alimentari lavorati prossima alla doppia cifra (+10%), ma ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi europei: +13,7% in Germania o +13,5% in Spagna. È quanto emerge dal Rapporto Coop 2022.

Nonostante la spinta dei prezzi i volumi di vendita “tengono”

Nonostante la spinta dei prezzi i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate, il ritorno del turismo straniero e la capacità della distribuzione di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati.  Il mercato italiano è al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi (+ 0,5% contro -5,4% Regno Unito, -3,7% Germania, -2,3% Francia e -1,3% Spagna). Questa differenza nel ritardo all’incremento dei prezzi sembra presagire un’inversione di tendenza imminente.

Il carrello è un fortino da proteggere

Di fronte a questo scenario non favorevole, la spending review degli italiani per la prima volta da decenni non tocca il cibo. 
Ritorna anche il cooking time sperimentato durante il lockdown: si passa più tempo nella preparazione dei pasti e ci si impegna a sperimentare nuovi piatti. Ma forse la maggiore evidenza del nuovo valore assegnato al cibo dagli italiani è il sorprendente mancato ricorso a un netto downgrading degli acquisti, solo -0,1%. Effetto mix negativo nel primo semestre come prima risposta alle difficoltà nelle precedenti crisi economiche. Probabilmente, con il peggiorare della situazione gli italiani vi faranno nuovamente ricorso, ma attualmente il carrello non è più la miniera da cui attingere per finanziare altri consumi, bensì un fortino da proteggere. Forse è questa una delle principali eredità del post pandemia.

Meno cibi etnici, pronti, e bio

Al tempo stesso il cibo a cui non si intende rinunciare pare essere soprattutto quello più sobrio e base. L’italianità e la sostenibilità sono gli elementi imprescindibili. Così compaiono meno sulle tavole i cibi etnici, le varie tipologie di senza (senza glutine, eccetera), i cibi pronti, e anche il bio pare subire una battuta d’arresto. La quota di italiani che autodefiniscono la propria identità alimentare improntata al biologico decresce di 7 punti percentuali, dal 18% del 2021 all’11% attuale. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili: rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato, passando dal 14,9% al 13,1% nel 2022 (-1,8%), mentre la MDD continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019).

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Ransomware, i rischi per le imprese e la necessità di un approccio olistico alla Cyber Protection

E’ il ransomware la principale minaccia per le organizzazioni in tutto il mondo, tanto che entro il 2023 si prevedono danni per 30 miliardi di dollari. Ecco un degli allarmanti dati che esce dal report sulle minacce digitali, relativo al primo semestre dell’anno, realizzato da Acronis, leader nella Cyber Protection. Dalla ricerca emerge che il ransomware è ancora la minaccia primaria per le aziende di grandi e medie dimensioni e per gli enti istituzionali; i risultati individuano nell’eccessiva complessità dell’IT e delle infrastrutture la causa dell’aumento degli attacchi. Quasi la metà di tutte le violazioni segnalate nella prima metà del 2022 fa riferimento al furto delle credenziali, la prima fase delle campagne di phishing e ransomware.

I pericoli legati al phishing

Per la sottrazione delle credenziali e di altre informazioni riservate, i criminali informatici scelgono il phishing e altre forme di e-mail dannose come vettori di infezione. Quasi l’1% di tutte le e-mail contiene link o file dannosi; più di un quarto (26,5%) di tutte le e-mail ha raggiunto le cartelle di posta in arrivo degli utenti senza essere bloccato da Microsoft 365; le e-mail infette sono state quindi rimosse dalle funzionalità di sicurezza e-mail di Acronis. La ricerca rivela che i criminali si avvalgono anche del malware e delle vulnerabilità software non risolte per sottrarre i dati e tenere “in ostaggio” le organizzazioni. Il panorama delle minacce alla Cyber Security è ulteriormente complicato dal diffondersi di attacchi che sfruttano vie di accesso non convenzionali, come le criptovalute e i sistemi finanziari decentralizzati, che sono oggi la nuova priorità dei gruppi di hacker. Le violazioni perpetrate tramite queste nuove vie hanno causato perdite per miliardi di dollari, con terabyte di dati esposti.
“Le minacce informatiche vengono continuamente perfezionate e aggirano le misure di sicurezza convenzionali”, dichiara Candid Wüest, Vicepresidente di Cyber Protection Research di Acronis. “Le aziende di ogni dimensione devono quindi orientarsi verso un approccio olistico alla Cyber Security che integri funzionalità anti-malware, sicurezza e-mail e vulnerability assessment. La raffinatezza dei criminali informatici e l’onere economico dei loro attacchi hanno raggiunto un livello tale da rendere impossibile l’impiego di approcci isolati e di soluzioni puntuali”.

Peggio del previsto

Consci della maggiore dipendenza dal cloud, gli autori degli attacchi hanno individuato altre forme di accesso alle reti cloud, concentrando la loro attenzione sui sistemi operativi Linux, sui fornitori di servizi gestiti (Managed Service Provider, MSP) e sulla loro rete di clienti delle PMI. In un contesto così variabile, le aziende da sole faticano a tenere il passo. Il ransomware è ancora più temibile di quanto previsto. Le bande criminali che diffondono il ransomware infliggono danni ingenti. L’uso del phishing, di siti web e di e-mail dannose è in continuo aumento e non si arresta neanche la diffusione del malware. Nella prima metà del 2022 sono 600 le campagne e-mail che hanno infettato Internet. Il 58% delle e-mail erano tentativi di phishing. Il 28% di queste e-mail contenevano malware.

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Mai così tanto da dieci anni: quanto suolo viene consumato in Italia?

I numeri fanno decisamente effetto: si parla di una media di 19 ettari al giorno e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo. Sono i datti riferiti al consumo di suolo del nostro Paese, fotografati dal Rapporto Snpa 2022 che, insieme alla cartografia satellitare di tutto il territorio e alle banche dati disponibili per ogni comune italiano, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo a livello nazionale, comunale e provinciale. Le cifre si riferiscono al 2021 e mostrano una decisa crescita della copertura. Il fenomeno, e non sorprende, riguarda principalmente le regioni più organizzate, come Lombardia e Lazio, mentre la città maggiormente attiva nel consumo di suolo è Roma.

Un danno economico stimato in 8 miliardi di euro l’anno

Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato. Tra il 2006 e il 2021 il Belpaese ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno, a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno.

Promosse e bocciate fra regioni e città

Nel nostro Paese non c’è un consumo di suolo omogeneo, dato che ci sono caratteristiche molto diverse da Nord a Sud. Dal rapporto si scopre che a livello regionale la Valle d’Aosta è la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata, la Liguria è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto i 100 ettari. Gli incrementi maggiori sono avvenuti in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). I valori percentuali più elevati si collocano anche quest’anno in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%). Tra i comuni, Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche quest’anno consuma più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale perde altri 95 ettari di suolo. Inoltre, Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13), e L’Aquila (+12) sono i comuni capoluogo di regione con i maggiori aumenti.

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Una sfida tra Intelligenza artificiale e intelligenza umana

L’Intelligenza artificiale ha sfidato l’intelligenza umana: il 19 luglio, durante l’AI Forum, l’evento italiano sull’intelligenza artificiale per le imprese, nell’ambito della conferenza internazionale di Padova IEEE WCCI 2022 (World Congress On Computational Intelligence), si è svolta la competizione Artificial Intelligence vs Human: Can you compete with WebCrow? In pratica, una ‘macchina’ ha sfidato esperti e appassionati di parole crociate in una gara a tempo in italiano e inglese. Ma chi ha vinto? È riuscita l’intelligenza artificiale a risolvere cruciverba, naturalmente inediti, dimostrando di capire frasi fatte, giochi di parole, ed espressioni ambigue?
“Possono le macchine risolvere cruciverba come noi? – commenta Marco Gori, dell’Università di Siena e uno degli ideatori di WebCrow, il software di AI in grado di risolvere i cruciverba -. Come fanno a incrociare le definizioni, rispondere a ‘musicista del settecento che ha concepito i canoni’ oppure a ‘nome di donna’? E ancora: come possono cogliere i trucchi, le sfumature linguistiche, l’umorismo?”.

Un mutuo rinforzo delle capacità cognitive

Sviluppato dall’Università di Siena in partnership con expert.ai e AIxIA, WebCrow 2.0 è il primo risolutore di cruciverba multilingue basato sull’AI. Durante l’evento ’Webcrow 2.0 – AI vs. Human’, si è discusso anche dell’evoluzione di Webcrow verso la creazione di cruciverba in un contesto di rete sociale, “in cui umani e agenti software generano cruciverba per altri che li risolvono – aggiunge Gori -, con la prospettiva di sperimentare il mutuo rinforzo delle capacità cognitive degli agenti software”.

“Abbiamo insegnato alla macchina a capire il significato delle parole”

“La risoluzione automatica dei cruciverba, che può apparire come una sfida curiosa per chiunque sia appassionato di enigmistica, è un ambito di applicazione estremamente stimolante per chi si occupa di software e tecnologie linguistiche – spiega Marco Varone, Chief Technology Officer di expert.ai, partner del progetto e azienda nel mercato dell’AI con tecnologia proprietaria completamente Made in Italy -. Abbiamo insegnato alla macchina a capire il significato delle parole e delle frasi. È infatti il nostro mestiere aiutare le organizzazioni a dare un senso all’immenso patrimonio informativo a disposizione per migliorare qualsiasi attività o processo di business fondato sulla gestione della conoscenza”.

Un ulteriore passo nella direzione ella collaborazione tra esseri umani e AI

“Quella che può sembrare solo una competizione tra AI ed esseri umani nasconde in realtà una sfida ancora più avvincente, legata al rendere gli agenti intelligenti artificiali in grado di comprendere e interagire in maniera più naturale e profonda con aspetti fondamentali dell’esperienza umana – sottolinea Davide Bacciu, Professore Associato dell’Università di Pisa e Vice Presidente di AIxIA Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) -. In questo senso, la sfida di WebCrow è un ulteriore passo nella direzione dell’integrazione e della collaborazione positiva tra esseri umani e AI”. 

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Statistiche

Città sostenibili: a che punto sono i capoluoghi italiani?

Le città italiane diventano sempre più resilienti e green, ma a che punto siamo? La mobilità oggi è più sostenibile, con chilometri di piste ciclabili cittadine che raggiungono valori record a Torino, Milano e Bolzano, ma anche lo stile di vita è più attento all’ambiente, con l’aumento degli orti urbani, in particolare a Napoli dove, dal 2011 al 2019, crescono del 1230%, da meno di un ettaro a circa 12.
Significativi progressi si registrano nel cambio di mentalità sul concetto di rifiuto, che da scarto è sempre di più concepito come una risorsa. Tra tutti i capoluoghi è Trento a raggiungere la percentuale più alta di raccolta differenziata, ma gli aumenti più importanti nel periodo 2015-2019 si registrano a Catanzaro (+577,1%), Potenza (+214,7%) e Palermo, che pur rimanendo ancora su valori al di sotto del 20% (17,4%), segna un aumento di circa il 115%.

Vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici

Sono queste le tendenze descritte nel Rapporto SNPA Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale, che per la prima volta presenta una lettura dei trend ambientali delle 20 città capoluogo, oltre a Bolzano, nell’arco temporale di 5 anni. Le chiavi di lettura utilizzate dal Rapporto sono tre: vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici, e fotografano la transizione dei capoluoghi italiani verso la sostenibilità urbana. Ma le perdite idriche, la fragilità del territorio e l’uso poco sostenibile del suolo rimangono i veri talloni d’Achille.

Roma è la capitale italiana ed europea delle voragini

C’è infatti ancora molto da fare in ambito cittadino se si parla di fragilità del territorio e uso corretto del suolo. La popolazione residente in aree a rischio idraulico medio varia significativamente dalle 191 persone di Potenza a quasi 183 mila di Firenze, mentre il consumo di suolo avanza senza sosta in quasi tutti i capoluoghi, e le infrastrutture verdi non segnalano incrementi significativi. A questi problemi si aggiunge anche il rischio sinkholes (o sprofondamenti) ormai presente in quasi tutte le città italiane, con Roma che con un totale di 1088 eventi dal 2010 al primo semestre del 2021, si conferma la capitale italiana ed europea delle voragini.

Tra le note dolenti le perdite idriche

Tra le note dolenti anche quella delle perdite idriche, che nel 2018 restano sempre elevate nella maggior parte delle città campione, con alcuni casi in cui i valori superano il 50%.  Anche se con valori altalenanti, sono solo 8 le città che riducono le proprie perdite, con in testa Napoli, che passa dal 41,2% del 2012 al 31,6% del 2018. Si conferma, quindi, alto lo spreco di una risorsa naturale, che specialmente in questo 2022, vediamo sempre più minacciata dal cambiamento climatico.

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Economia

Italia, attrazione in crescita per gli investitori esteri

L’Italia piace agli stranieri, anche quando si tratta di investitori. Lo conferma l’EY Europe Attractiveness Survey 2022, ricerca annuale che analizza l’andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni dei player internazionali con l’obiettivo di indagare il livello di attrattività di ciascun Paese e individuare i principali driver d’investimento futuri.

I numeri degli investimenti

Nel corso del 2021, sono stati 207 i progetti di investimenti diretti esteri (Ide). Questo risultato segna una crescita annua dell’83%, dato superiore rispetto a quello registrato in tutti gli altri Paesi europei. Tuttavia, con una quota di mercato del 3,5% – in aumento rispetto al 2% del 2020 – l’Italia si posiziona ancora a distanza dai principali attrattori di Ide in Europa, ovvero Francia (21%), Regno Unito (17%) e Germania (14%). Ma quali sono i comparti più attrattivi? Per gli investimenti esteri in Italia nel 2021 sono stati il settore software e servizi IT (con il 15% degli Ide totali dell’anno), i trasporti e la logistica (14%) e i servizi B2B (12%). In crescita rispetto al 2020 soprattutto gli investimenti nel comparto agroalimentare e beni di consumo (+214% di numero di Ide) e macchinari e attrezzature (+233%). In calo l’attrattività del settore elettronica (-25% del numero di Ide rispetto al 2020) e telecomunicazioni (-57% del numero di Ide rispetto al 2020).

Dagli Usa il maggior interesse

Si conferma anche nel 2021 il trend dell’anno precedente che vede gli investimenti in Italia arrivare principalmente dagli Stati Uniti (28% del totale annuo), seguiti dalla Germania (17%), la cui relazione con il nostro Paese si rafforza superando la Francia (12%) e il Regno Unito (7%), anch’essi storici partner commerciali dell’Italia. Si registra invece una flessione del 50% rispetto al 2020 degli investimenti provenienti dalla Cina. Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, si conferma una sostanziale disomogeneità, con una quota prevalente nel Nord-Ovest del Paese (54%) e nel Nord-Est (21%), che nel 2021 supera il Centro Italia, passato dal 24% dei progetti nel 2020 al 15% nell’ultimo anno. Positiva la crescita degli investimenti destinati al Meridione (dal 4% al 10%), nonostante rimanga ancora un consistente divario rispetto al resto del Paese. 
“L’Italia scala posizioni in termini di attrazione di investimenti esteri, posizionandosi nel 2021, per la prima volta dopo molto tempo, tra i primi 10 Paesi europei per numero di progetti di Ide. Dopo l’incremento degli investimenti registrato nel difficile anno della pandemia, il 2021 conferma il trend di crescita, con un segnale positivo di fiducia nelle prospettive di rafforzamento dell’economia italiana, legato anche al piano pluriennale di riforme perseguito dal Governo Draghi a partire da febbraio 2021. Rispetto alla dimensione e rilevanza dell’economia nazionale, la porzione degli investimenti diretti esteri destinati al nostro Paese può crescere ancora molto” ha detto Massimo Antonelli, ceo EY Italy e Chief Operating Officer EY Europe West.

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Varie attualità

UE: raggiunto l’accordo sul caricabatterie universale Usb-C

Ogni anno vengono spediti in Europa mezzo miliardo di caricabatteria per dispositivi portatili, che generano dalle 11 alle 13mila tonnellate di rifiuti elettronici l’anno. Il Parlamento europeo e il Consiglio Ue hanno però raggiunto un accordo sul caricabatterie universale. In base alle nuove regole, dal 2024 si potrà utilizzare un unico caricabatterie per tutti i dispositivi elettronici portatili di piccole e medie dimensioni. L’ambiente ringrazia: la direttiva propone infatti un unico caricatore di forma Usb-C per telefoni cellulari, laptop, tablet, e-reader, cuffie in-ear, fotocamere digitali, cuffie e auricolari, console per videogiochi portatili e altoparlanti portatili ricaricabili tramite cavo cablato. Questi dispositivi dovranno essere dotati di una porta Usb di tipo C, indipendentemente dal loro produttore.

Un percorso lungo 10 anni

La direttiva, punto di arrivo di un percorso lungo 10 anni, secondo le stime dell’Ue aiuterà i consumatori a risparmiare fino a 250 milioni di euro all’anno sugli acquisti inutili di caricabatterie.
A oggi, infatti, i consumatori spendono circa 2,4 miliardi di euro l’anno per acquistare caricabatteria separati non compresi nell’acquisto dei dispositivi. Nel 2020 sono stati venduti negli Stati dell’Unione circa 420 milioni di cellulari e altri dispositivi elettronici portatili. I consumatori possiedono in media circa tre caricabatteria per telefoni cellulari, ma il 38% dichiara di aver incontrato difficoltà almeno una volta nel ricaricare il proprio telefono perché i caricabatteria disponibili erano incompatibili. 

Apple è l’unica ad adottare un sistema diverso

I tentativi di imporre un caricabatterie universale in tutto il territorio europeo risalgono al 2009, quando Apple, Samsung, Huawei e Nokia firmarono un accordo volontario per utilizzare uno standard comune. Ma questo approccio volontario non ha raggiunto gli obiettivi di sostenibilità ambientale e risparmio stabiliti inizialmente. Di fatto, l’USB-C è già uno standard condiviso nel panorama dei dispositivi mobili: tutti i principali produttori di smartphone hanno adottato la porta di nuova generazione da qualche anno. Apple è l’unica ad adottare un sistema diverso.
“Dal 2024 se Apple vorrà vendere i suoi dispositivi in Ue dovrà adottare il caricabatterie Usb-C – commenta il relatore del provvedimento al Parlamento europeo, Agius Saliba -. Su questo siamo stati molto chiari anche con loro, siamo stati a Cupertino e gliel’abbiamo detto”.

Verso lo standard Qi

La direttiva sul caricabatterie unico è solo il primo passo, e ha un orizzonte più ampio. Il legislatore europeo punta a ottenere “l’interoperabilità delle tecnologie di ricarica wireless entro il 2026 – chiarisce il relatore Alex Agius Saliba -. Stiamo anche ampliando la portata della proposta aggiungendo altri prodotti, come i computer portatili, che dovranno essere conformi alle nuove regole”. 
La ragione per cui si punta alla interoperabilità delle tecnologie di ricarica wireless è evidente, riferisce Agi: sono il futuro. Le aziende tecnologiche si stanno infatti già muovendo verso un sistema universale di ricarica dei dispositivi elettronici: lo standard Qi. Arrivare a questa data con una strategia comune, che vuol dire standard comuni, è uno degli obiettivi dei deputati alla Commissione.

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Economia

Salari: Italia fanalino di coda in Europa

Il clima è sempre più rovente attorno a Palazzo Chigi, e in attesa che il premier Mario Draghi convochi un tavolo con le parti sociali, i dati aiutano a capire la situazione dell’Italia, fanalino di coda in Europa per i salari più bassi e le retribuzioni dei dipendenti. I dati dell’Ocse sono sconcertanti: negli ultimi trent’anni l’Italia è l’unico paese in cui i salari annuali medi sono diminuiti, precisamente del 2,9%. Il paragone con i paesi europei segna una distanza enorme: in Germania i salari sono cresciuti del 33%, in Francia del 31%, in Belgio e in Austria del 25%, in Portogallo del 14% e in Spagna del 6%. Gli stati scandinavi registrano poi il +63% della Svezia, il +39 della Danimarca e il +32% della Finlandia.

Gli squilibri del mercato del lavoro colpiscono i giovani

Tra i più colpiti dagli squilibri del mercato del lavoro italiano ci sono sicuramente i giovani. Secondo Eurostat, la media annuale degli stipendi europei della fascia 18-24 anni è 16.825 euro, e in Italia è 15.858 euro. Peggio fa la Spagna (14.085 euro), ma Francia (19.482), Paesi Bassi (23.778), Germania (23.858) e Belgio (25.617) sono decisamente superiori. Quanto alla paga oraria complessiva dei lavoratori, gli italiani guadagnano in media 8 euro l’ora in meno rispetto a tedeschi e olandesi. E non è il costo del lavoro a penalizzare il nostro sistema: consultando i numeri del 2021 il costo medio orario del lavoro in Italia è di 29,3 euro, considerando salari, contributi e altre tasse, mentre in Germania è 37,2 euro, in Francia 37,9, in Olanda 38,3, e in Belgio 41,6 euro.

Cosa può fare il governo?

Al di là dell’aiuto da 200 euro nel cedolino di luglio per i redditi fino a 35mila euro e i bonus energetici già varati, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha ipotizzato di detassare i rinnovi, visto che il 40% dei lavoratori italiani ha il contratto scaduto. Una misura che potrebbe essere finanziata, ad esempio, con il prelievo una tantum proposto da Landini sui redditi alti, o alzando la tassa sugli extraprofitti delle società energetiche. I sindacati avevano messo sul tavolo l’idea di tassare tutte le tranche di salario legate ai rinnovi contrattuale con un’aliquota al 10%, anziché al 33%.

In Italia lavora solo il 58,2% della popolazione in età di lavoro

Secondo i dati Eurostat, infatti, in Italia lavora soltanto il 58,2% della popolazione in età di lavoro, contro una media europea del 68,4%, riporta Agenzia Dire.
Per il ministro della PA Renato Brunetta e il giuslavorista Michele Tiraboschi “la via maestra sui salari resta quella della contrattazione collettiva, dentro, però, un percorso di reale riforma degli assetti contrattuali e delle dinamiche retributive coerente con le recenti nuove trasformazioni del lavoro. In questo contesto si giustificano anche le misure di incentivazione della contrattazione di produttività e del welfare aziendale, che tuttavia possono e debbono essere rivisitate in termini di maggiore effettività”.